La trilogia di New York di Paul Auster

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Non nascondo il fatto che ci ho messo un anno per leggere questo libro. Voi penserete che non mi sia piaciuto, invece penso che sia un libro geniale ma molto difficile. L’idea di ognuno dei tre racconti è grandiosa, dadaista, nuova, ma si perde, si perde molto nella descrizione del tempo che non passa. Ogni minuto raccontato ne dura cinque.

Non posso dire che non sia fatto volutamente, dico solo che non sono abituata. Viviamo in un mondo frenetico, in cui il tempo vola, vogliamo tutto e subito, vogliamo una conclusione e Paul Auster è il contrario di tutto questo.

Paul Auster sconvolge il tempo, lascia quesiti e non risposte, crea situazioni irreali in una città verissima ma difficile.
Vuole che il lettore entri nella psicologia dell’uomo solo in mezzo a una folla. I protagonisti dei suoi racconti sono uomini alienati, che hanno un mondo in testa che rispecchia quello che sta fuori. Spesso questi personaggi confondono i due mondi fino a quasi creare un mix che li rende indistinguibili. Sono uomini schiavi delle loro menti?

La Treccani definisce questa trilogia come una “Sorta di parodia postmoderna del romanzo poliziesco, la trilogia scardina le convenzioni del genere, mescolando echi della grande tradizione americana (N. Hawthorne, H. D. Thoreau, E. A. Poe, H. Melville) a suggestioni del nouveau roman, per costruire un universo, sia narrativo sia urbano, dominato dal caso.”

La New York moderna si popola di una moltitudine di persone sole con problemi esistenziali, in cerca costante della propria identità e del significato della propria esistenza. Ma qualcuno ci riesce? Paul Auster sembra un po’ titubante, non pessimista. Lui crede che “il mondo sia pieno di strani eventi. La realtà è molto più misteriosa di quanto non avessimo mai creduto.

Vorrei sapere la vostra opinione su questo libro controverso e il suo autore. Scrivetemi!

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